Comunicazione della Presidente Nazionale:
La morte di Saman
Ho notato che in alcune delle nostre chat associative, non abbiamo parlato di Saman Abbas, la giovane diciottenne pakistana misteriosamente scomparsa la notte del 30 Aprile scorso.
Di fatto, uccisa nonostante il suo corpo non si sia ancora trovato, mi chiedo: forse il fatto in sè è così orribile, crudele, malvagio, ad opera di un clan familiare (più che familiare, criminale!!) che la nostra mente si rifiuta di soffermarvisi e di cogliere in tutto il suo orrore la tragica vicenda.
Eppure a Brescia (ma del resto anche in altre parti d’Italia, fatti simili erano già accaduti e ci avevano colpito in tutto il loro orrore.
Tutta via la morte di Saman (perchè ormai di morte si può parlare) rappresenta il caso più crudele, più raccapricciante, più disumano che mente umana possa progettare e realizzare a danno di una creatura che, con i suoi diciotto anni appena si affacciava alla vita che voleva vivere in libertà sposando l’uomo che amava (per altro pakistano) e rifiutando un matrimonio combinato dalla sua famiglia con un uomo che neppure conosceva.
Più che famiglia, la sua, povera Saman era un accolita criminale che nel nome di un Dio interpretato ad uso e consumo degli uomini, ha deciso che questa bella creatura (liberata dai costumi tradizionali che la deturpavano) capelli sciolti e occhi verdi bellissimi, vestita all’occidentale come tantissime nostre ragazze dovesse morire.
In questo gruppo criminale il personaggio più crudele, più disumano è la madre che accompagna la figlia e la consegna al boia.
Anche Saman sa che sta andando a morire, perchè ha sentito la telefonata della madre la mattina stessa che diceva: “non c’è altra soluzione, bisogna ammazzarla”.
Non vi è certezza, secondo alcuni perchè il corpo non si trova, ma lo zainetto che Saman portava sulle spalle è tornato indietro; tutti i parenti sono fuggiti, i genitori avevano prenotato i voli per il Pakistan per il 1 Maggio e Saman doveva morire prima, il 30 Aprile.
Così è stato.
Saman riposi in pace, ma i colpevoli vengano giudicati e condannati.
Un’ ultima considerazione: Saman è un caso, ma altre Saman o Hina o Pinky sono nelle stesse situazioni.
Evitiamo che vengano sacrificate in nome di tradizioni e costumi costruiti sull’amore malvagio dell’uomo, padrone del destino e della vita e della morte delle loro donne.
Tina Leonzi
Presidente Nazionale Moica
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